L’economia e la cultura delle isole hawaiiane sono state caratterizzate per oltre un secolo dalla coltivazione della canna da zucchero, ma questo sarà l’ultimo anno: dopo l’ultima piantagione si attuerà un processo di diversificazione agricola a favore della canapa, destinata a mutare gli equilibri economici e industriali di tutto il paese.
L’azienda Alesander&Baldwin che sin dal 1870 ha coltivato a Maui la canna da zucchero ha annunciato la chiusura dell’ultima ‘dolce’ piantagione: un comunicato stampa ha spiegato l’insostenibilità di questa agricoltura rispetto ai tempi attuali e la necessità di rivolgersi ad un mercato differente, approfittando del clima favorevole della zona.
Canapa e legalità negli Stati Uniti d’America
Negli USA la coltivazione della canapa industriale rimane illegale ma nel 2014 il presidente Obama ha firmato il nuovo Farm Bill (leggi federali agricole quinquennali) che ne consente la piantagione per scopi universitari e di ricerca, a livello sperimentale. Le Hawaii hanno approfittato di tale occasione attraverso la propria Università, per la produzione di biodiesel e la decontaminazione del terreno, proprio attraverso la coltura della canapa.
I primi esperimenti sono già iniziati e hanno fornito risultati incoraggianti: secondo lo studio più recentemente pubblicato, le varietà di canapa subtropicale sono in grado di fornire tre raccolte ogni anno e quindi di garantire una produzione sufficiente di foglie, semi, fibre e steli, ideali per molte tipologie di industrie.
Attualmente è attiva una raccolta firme su Change.org promossa da Tiare Lawrence per approvare a livello legislativo la produzione di canapa industriale che consentirebbe alle Hawaii di rilanciarsi anche dal punto di vista economico e ha raggiunto oltre 3.800 firme sulle 5.000 richieste. Grazie a questo progetto, Maui sarebbe in grado di autosostentarsi nella produzione di cibo ed energia, preservando la qualità dei terreni agricoli da produzione e rilanciando il motore economico della regione e dell’intero stato hawaiiano.
Il biodiesel di canapa
In questo paragrafo apriamo una breve ma doverosa parentesi sul citato biodiesel ricavato dalla canapa: si tratta di uno dei combustibili più ecologici che l’uomo abbia mai prodotto, poichè è biodegradabile, è privo di zolfo ed in caso di combustione non rilascia le tossine tipiche dei combustibili fossili. La sua origine è vegetale e quindi non contribuisce all’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera terrestre: potrebbe seriamente trattarsi di un sostituto dell’attuale diesel confermando una volta di più la polivalenza della canapa.
Il Farm Bill ha autorizzato in 10 stati americani la coltivazione della canapa a scopi di ricerca agricola e scientifica. Così come altre hanno fatto nel Kentucky (5 progetti pilota per la canapa industriale) anche in California, l’azienda a marchio Extreme Biodiesel ha acquistato 16 ettari di terreno per coltivare la cannabis come materia prima per il biodiesel, sia al coperto (destinando la coltivazione a fini alimentari e terapeutici) che in campo aperto.